E’ tanto importante saper identificare le tipologie di tannini presenti nei vini, quanto capire cosa sono e che ruolo giocano all’interno di quelli che beviamo nel quotidiano, o che un giorno ci troveremo degustare.
Per questo occorre partire dall’identificazione delle sensazioni che un vino può dare, per poi dedurre con più accuratezza, la natura del tannino che vi è contenuto.
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Quali sono le sensazioni suscitate dai tannini?
La prima volta che ho bevuto un bicchiere di vino rosso mi sono chiesto immediatamente se quel vino avesse avuto qualche tipo di problema, salivazione azzerata, lingua ruvida e gengive secche.
Ho iniziato a chiedermi cosa succedesse, se questo vino avesse dei difetti, oppure semplicemente se non fosse più buono.
Non vi è mai successo di sorseggiare del vino rinomato, o ben recensito dagli enologi e pensare invece che steste bevendo del vino mal conservato, a causa della sensazione di astringenza provocata nella vostra gola?
Al contrario di quel che si possa pensare, questo non è un difetto, bensì può essere identificato come un pregio. Tale sensazione infatti, è tipicamente riconducibile ai vini che presentano nella loro composizione il tannino.
Per questo ora andremo a scoprire le diverse motivazioni per cui i tannini creano queste sensazioni, quali sono le tipologie di tannino e come poterlo identificare con maggiore accuratezza.
Cerchiamo dunque di capire che cos’è il tannino
Il tannino è una sostanza chimica, naturale al 100%, che fa parte della famiglia dei polifenoli, antiossidanti naturali presenti nella maggior parte delle piante, nei frutti e quindi anche nelle uve.
Non è un caso che ricoprano il ruolo di antiossidanti, con il principale scopo di difendere e preservare i tessuti, combattendo l’invecchiamento delle cellule.
Questa sostanza fa parte di una classe di composti contenuti in molte piante: solubili in acqua e di sapore stringente. Ha componenti che possono reagire con il collagene presente nelle pelli animali redendo questi prodotti non putrescibili.
Sono inoltre composti da leucoantociani, catachine e altre sostanze come gli acidi fenolici. Quando questi ultimi verranno formati, il carattere a livello gustativo sarà forte e solo il tempo e la maturazione riusciranno ad “addolcirli”.
I tannini possono anche unirsi tra loro formando lunghi polimeri che, se saranno composti da meno di una decina di molecole (caratteristica del 70-90% dei tannini totali), il vino risulterà astringente.
E’ a causa di tali caratteristiche che questi composti possono far precipitare la salivazione, impattando alcune proteine della saliva e dando cosi quella che viene definita la tipica sensazione di astringenza.
Possono infine inibire quelli che sono gli enzimi digestivi, causando quella tipica sensazione di fame senza appetito.
Nella storia hanno trovato molteplici impieghi, che spaziano dalla tintura dei tessuti, la preparazione di inchiostri sino ad arrivare alla chiarificazione del vino e della birra. Nel vino servono a fare in modo che con il tempo rimangano invariate la stabilità, il colore e il gusto.
Dove si trovano i tannini?
Possiamo certamente sostenere che i tannini sono presenti in molte parti del racemo: nella buccia del chicco d’uva, nei vinaccioli (i semi che si trovano all’interno dell’acino) e nel raspo, ossia il gambo da dove si sviluppa il grappolo.
La loro estrazione avviene durante la fase di macerazione del mosto, dove le bucce, rimanendo a contatto con la parte liquida, rilasceranno i tannini, identificabili nel vino che degusteremo.
Li troviamo sicuramente in maggiori concentrazioni nelle uve a bacca nera, infatti si fa menzione dei tannini quasi esclusivamente quando ci si riferisce a vini vinificati in rosso.
Al contrario, nei vini bianchi possiamo dire che sono quasi assenti. Per l’appunto, la scarsa presenza di sensazioni tanniche nei bianchi e nei rosati è dovuta alla vinificazione.
Qui, le bucce e i raspi vengono tolti durante la realizzazione e rimangono poco a contatto con la parte liquida. E’ per questo che l’estrazione dei tannini non avviene se non in minima parte.
Curiosità: i tannini nei vini prodotti da bacca bianca
Non sono molti, ma ci sono alcuni casi ben riusciti dove possiamo percepire i tannini nei prodotti derivati da bacca bianca.
Un esempio possono essere gli Chardonnay australiani, dei vini che presentano tonalità speziate e simili alla vaniglia.
Oppure gli orange wines, o vini arancioni, in cui la presenza dei tannini è più frequente, proprio perchè vengono prodotti da uve bianche, ma vinificate in rosso. Ciò comprende che nel processo di produzione, la macerazione avvenga a contatto diretto con le vinacce, come succede ai vini rossi.
Ma come si esprimono i tannini? Come possiamo percepirne la presenza?
Indipendentemente da dove possiamo trovarli, i tannini possono essere distinti grazie al colore tipico che conferiscono ai vini in cui sono presenti. Infatti, si trovano in quelli che riposano a lungo nelle botti e la cui maturazione prosegue anche una volta imbottigliati.
Capiamo così, che non si esprimono solamente a livello gustativo, nella corposità del vino, o nella sensazione di astringenza che portano con sé, ma si riflettono anche nel colore.
Tuttavia, la quantità presente varia a seconda della qualità dell’uva che andremo a vinificare.
Ad esempio nel Nebbiolo, o nell’Aglianico, si trova una notevole concentrazione di tannini, già contenuti nell’acino, mentre nel Ciliegio, o nel Dolcetto, i quali vengono prodotti con differenti tipi di uva, sono presenti in misura ridotta.
Ciononostante, occorre dire che la concentrazione dei tannini non dipende esclusivamente dal tipo di uva, o di vinificazione, ma saranno anche il tempo e la maturazione a determinarne la presenza, e a incidere nella quantità.
Come si sviluppano?
Prendendo in esame il ciclo vitale della vite, possiamo notare alcune differenze di sviluppo relative ai tannini contenuti nelle bucce e nei vinaccioli, aiutandoci a capire tutto il processo.
Le fasi principali che ci permettono di identificare i tannini nel ciclo vitale della vite sono tre:
Prima fase | Seconda fase | Terza fase |
Invaiatura | Maturità fenolica | Sovramaturazione |
Nella prima fase, l’invaiatura, momento in cui avviene la maturazione dei frutti, i tannini presenti nei vinaccioli (semini all’interno dell’acino) avranno un’alta concentrazione.
Con il trascorrere del tempo questa concentrazione andrà diminuendo, fino ad arrivare alla seconda fase, la maturità fenolica, in cui si stabilizzeranno.
La maturità fenolica è un parametro che tiene conto dell’accumulo dei tannini e degli antociani, e della loro solubilità, e serve a identificare le condizioni ottimali di maturazione delle uve. Sarà possibile così iniziare la vendemmia.
Infine, nella terza e ultima fase, quella di sovrmaturazione, potrà avvenire, anche se non frequentemente, un leggero aumento di tannino. Nondimeno, è questa la fase in cui la concentrazione di quest’ultimo va diminuendo.
E’ comunque bene indicare che, durante l’invaiatura, questi tannini partono da un livello di concentrazione molto basso nei vinaccioli, per poi avere un aumento esponenziale nel periodo che intercorre tra la prima fase e la maturità fenolica.
Grazie a questa analisi capiamo che, le uve raccolte durante la sovramaturazione vedranno una concentrazione di tannini notevolmente alta.
Tuttavia, nella fase di concentrazione decrescente della sostanza tannica, l’intensità cromatica del vino andrà diminuendo.
Quanti e quali tipi di tannini possiamo individuare in un vino durante la degustazione?
Vediamo i principali gruppi che possiamo trovare durante la degustazione di un vino. Esistono veramente tanti tipi di tannini, divisibili però in due macro categorie.
Quelli nobili, i quali risaltano molto il gusto del vino e si trovano principalmente nelle bucce. Questi, fondendosi con gli acidi, portano ad una diluizione della saliva che rende più piacevole la degustazione del vino.
- Grassi, si attaccano alle mucose e persistono dopo la degustazione;
- Fini, talvolta molto aggressivi, ma non si ripercuotono sulle mucose e la persistenza è minore;
- Duri, l’aggressività non è eccessiva e la sensazione che lasciano è quella dell’astringenza;
- Dolci, danno un gusto pieno senza particolari rugosità, o astringenze, inoltre sono setosi, levigati e molto piacevoli al palato;
Quelli verdi, non nobili, dai quali deriva la sensazione detta “di verde” che, se percepita durante la degustazione, può risultare poco gradevoli. Questi ultimi principalmente, sono quelli estratti dai vinaccioli.
E’ per questo che viene sempre consigliata una pressatura che permetta di non romperli e quindi di non avere questi tannini troppo aggressivi nel vino finito, cosa che potrebbe alterare o addirittura compromettere il prodotto finale.
Dobbiamo dire comunque, che questa tipologia non influisce sulla valutazione della qualità, durante una degustazione professionale.
- Acidi, lasciano in bocca una sensazione di aspro, talvolta di selvatico tipico dei funghi prugnoli;
- Vegetali, danno una sensazione erbacea. Se li ritroviamo in un vino non ne faranno percepita la sapidità, il gusto fruttato, e non avremo una grande maturità del vino;
- Rugosi, in bocca si avrà una sensazione di ruvidità, quasi sabbiosa e non percepiremo sapidità al palato;
- Legnosi, il miglior modo per definire questo tipo di tannini è come se avessimo tenuto in bocca un pezzo di legno asciutto e vecchio ;
- Amari, l’acidità è annullata e la sensazione sarà quella amaricante;
Una curiosità dei tannini legnosi, è che li possiamo ritrovare nei vini che sono invecchiati in barrique nuove (botticelle di legno di rovere tra i 225 e 228 litri, usati per vini di alta qualità).
Possiamo capire così quanto importanti siano i tannini nella composizione del vino, e soprattutto riusciamo a farci un’idea di quali siano quelli che effettivamente rendono un vino più pregiato di un altro.