Gli spumanti di qualità, cosi come li conosciamo oggi, sono nati in Francia alla fine del ‘600 nella regione dello Champagne.
La leggenda narra che questo prodotto, progenitore delle bollicine moderne sia nato nel XVII secolo da Dom Pierre Pèrignon, economo dell’abbazia benedettina di Hautvillers.
Tuttavia il mito non coincide sempre con la verità storica, infatti, nel De salubri potu dissertatio del XIV secolo, opera del benedettino Don Francesco Scacchi di Fabriano, si parla già di spumante e spumantizzazione, che anticipa quanto sarà realizzato qualche secolo dopo in Francia.
È vero anche che le esperienze dei vignaioli in champagne furono codificati nel famoso metodo champenoise. Pratiche enologiche primitive ma applicate correttamente, consentivano di trasformare una miscela di vini fermi in prodotti spumeggianti, grazie all’aggiunta di lieviti e zuccheri.
Le bottiglie che non scoppiavano per la pressione dovuta all’anidride carbonica, erano molto apprezzate dai consumatori, per questo i vignaioli si impegnarono nel perfezionare questa tecnica che si sarebbe diffusa poi in tutto il mondo.
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Il metodo classico
Le bollicine degli spumanti si possono ottenere in diversi modi, ma l’esperienza dei vignaioli ha dimostrato che la rifermentazione in bottiglia è il migliore e permette di elaborare prodotti più pregiati.
Tutto questo a patto che si parta da vini-base di qualità ottenuti dai vitigni più adatti e si proceda con precise pratiche enologiche.
I vini-base
I vitigni ideali per ottenere vini-base da elaborare con il metodo classico sono lo chardonnay, il pinot nero, il pinot bianco e praticamente nella sola champagne, il pinot meunier.
Condizioni climatiche e terreno sono fondamentali per ottenere grappoli con le qualità desiderate, ma anche le conduzioni della vigna giocano un ruolo importantissimo.
I grappoli non devono subire schiacciamenti durante la vendemmia, o il trasporto; per questo motivo l’uva viene raccolta a mano, sistemata in cassette da 18-20 kg e mandata alle presse nel giro di poche ore.
La pressatura morbida e progressiva, viene fatta per estrarre dai chicchi solo la parte migliore del succo, chiamato anche il mosto fiore, grazie all’impiego di moderne presse a membrana.
Il mosto viene subito raffreddato e raccolto in tini di acciaio inox, dove avviene la prima decantazione per gravità, che elimina le particelle più grosse.
Stabilizzato viene trasferito in un secondo tino, nel quale viene preparata una base di lieviti, il Pied de cuvèe, per innescare correttamente la prima fermentazione alcolica, che lo trasformerà nel vino-base.
Questa prima fermentazione è svolta a 18 gradi, in contenitori di acciaio e si conclude nel giro di un mese, lasciando che l’anidride carbonica si disperda nell’aria.
La spumantizzazione
Con la spumantizzazione, inizia il processo che porta il vino-base allo sviluppo delle bollicine. Tutto questo avviene grazie alla seconda fermentazione svolta in bottiglia, nella quale lo spumante riposa per anni prima di essere immesso nel mercato.
L’assemblaggio dei vini base
Gli assemblaggi preliminari portano alla miscela di diversi vini-base, ma potendo contare anche su vini di annate precedenti, si arriva alla cuvèe definitiva.
Se la cuvèe è composta da uve della stessa vendemmia (almeno per l’85%) si ottiene uno spumante millesimato; in questo caso l’anno sarà riportato sull’etichetta. Solitamente di qualità superiore, questo spumante riposa in cantina per 4-5 anni e in alcuni casi per 7-8 anni prima della sboccatura.
Se invece si sono utilizzate anche annate precedenti, si ha uno spumante senza alcuna indicazione di annata o di vendemmia, destinato ad un affinamento più breve, 2-3 anni.
L’addizione del liqueur de tirage
Dopo la creazione della cuvèe, lentamente si formeranno le bollicine, grazie all’aggiunta della liqueuer, miscela formata da un po’ di vino con una precisa quantità di zucchero di canna, lieviti e sostanze minerali destinate a sostenere la loro attività e a facilitare la compattazione finale delle fecce di rifermentazione.
Lo zucchero di canna è quello più comunemente usato, anche se qualche produttore usa saccarosio ottenuto dalle barbabietole. In genere la liqueuer de tirage contiene 24 g/l di zucchero.
La messa in bottiglia
Dopo aver controllato che la liqueuer de tirage si sia perfettamente disciolta nella cuvèe, il vino è imbottigliato nelle classiche e tradizionali champagnotte.
Il colore del vetro, verde scuro, marrone o talvolta quasi nero protegge il vino dall’azione della luce, sempre pericolosa perché catalizza fenomeni di ossidazione.
Il grosso spessore del vetro è indispensabile per resistere alla pressione interna e alla manipolazione in varie fasi di elaborazione.
A questo punto le bottiglie sono sigillate con un tappo a corona di acciaio inox, che assicura una perfetta tenuta ed evita l’attacco della ruggine.
Sotto il tappo viene inserito un cilindrato di plastica, la bidelle, nella quale si accumuleranno le fecce al termine del remuage, evitando che rimangano nel vino residui indesiderati.
La presa di spuma
Nelle bottiglie accatastate in posizione orizzontale, in cantine o in locali termo condizionati, ad una temperatura compresa tra i 10-12 gradi, in assenza di vibrazioni, rumore, luce e calore, con un adeguato livello di umidità, il vino inizia una lenta fermentazione.
I lieviti trasformano lo zucchero in anidride carbonica, alcol etilico e molte altre sostanze che arricchiranno il prodotto finale.
Nell’arco di sei mesi i lieviti trasformano tutto lo zucchero disponibile, muoiono e vanno incontro a una successiva autosili, durante la quale cederanno allo spumante tutto ciò che gli avevano sottratto.
L’affinamento sui lieviti
Sia in Italia che in Francia, molti disciplinari di produzione prevedono periodi minimi di affinamento sui lieviti di 18 mesi per gli spumanti non millesimati e di 24 per i millesimati.
I produttori che ricercano la qualità prolungano molte volte volontariamente questi periodi, portando il tempo a 24 mesi per i primi e a 36 per i secondi, arrivando in qualche caso, per grandi prodotti, fino a 7-8 anni.
Perchè è importante questo periodo di affinamento?
Quando la fermentazione degli zuccheri finisce, i lieviti si trovano in un’ambiente a loro sfavorevole, lo zucchero è finito e la pressione della bottiglia aumenta.
I lieviti vanno così incontro all’autolisi, rilasciando tutte quelle sostanze che avevano assorbito rendendole indietro allo spumante arricchendolo di quei caratteristici profumi e aromi che lo contraddistinguono.
L’affinamento a contatto con i lieviti deve essere lento e protratto a lungo, in un’ambiente fresco e buio. Durante questa fase le bottiglie sono spesso conservate posizionate in orizzontale in grandi cataste, che sono definite bouteilles sul lattes.
Durante questo periodo le bottiglie sono scosse leggermente, azione chiamata Coup de poignèe, che permette di rimettere in sospensione all’interno della bottiglia i residui dei lieviti facendo in modo da evitare la formazione di fecce alle pareti della bottiglia.
Il Remuage
Quando i produttori ritengono che lo spumante abbia quasi concluso l’affinamento sui lieviti, le bottiglie vengono sistemate sulle pupitre, (leggio in francese) cavalletti in legno.
Un po’ alla volta persone abili e specializzate eseguono il romuage, azione che comprende rotazione e scuotimenti che portano le bottiglie in posizione verticale, provocando il distacco dei residui e portandoli ad accumularsi vicino al tappo.
Al di là della bellezza e della storia che il remueur rappresenta (figura che si occupava di questo processo eseguendolo a mano) oggi in quasi tutte le aziende si usa il remuage meccanico che garantisce maggiore affidabilità, razionalizzazione del tempo e riduzione dei costi.
La sboccatura
Lo spumante quando viene versato nel bicchiere è luminoso e splendente, pur non subendo alcuna filtrazione. La sua limpidezza è il risultato dell’eliminazione dei residui dei lieviti attraverso la sboccatura à la glace. Il collo delle bottiglia viene immerso in un liquido a bassissima temperatura (-28/-30 gradi ).
L’immersione dura poco più di un minuto, fino a che non si sia formato un cilindro di ghiaccio di un paio di centimetri che ingloba il vino e le fecce compatte nella bidule.
Successivamente le bottiglie vengono spostate in un’altra macchina e messe in posizione “normale” dove viene asportato il tappo a corona; la pressione interna espelle il giaccio che comprende tutta la feccia lasciando il vino perfettamente limpido senza particelle in sospensione.
Il dosaggio
Al termine della fermentazione in bottiglia, lo spumante ha pochissimo zucchero, meno di 0,5 g/l, ma ormai il più delle volte è aggiunto dello sciroppo di tiraggio o liqueur d’expèdiction, la cui composizione è diversa e tenuta segreta da ogni produttore.
Se non si effettua alcun dosaggio, il prodotto si chiama pas dosè, anche se molti produttori lo definiscono in altri modi come nature, Brut sauvage, Dosage zero e altri ancora.
La tappatura finale e il confezionamento
Dopo l’eventuale addizione dello sciroppo di dosaggio, la bottiglia sarà tappata con il tradizionale tappo a fungo in sughero, che sostituisce il tappo a corona utilizzato durante l’affinamento.
Dopo essere lavate, asciugate e sottoposte ad una serie di scuotimenti per amalgamare lo sciroppo di dosaggio, le bottiglie sono pronte per ricevere etichetta, collarino e capsula.
Gli spumanti dovrebbero essere consumati nell’arco di 6-18 mesi dalla sboccatura.
Pasteggiare a bollicine
Considerato dagli intenditori come il più pregiato, il metodo classico non ha avuto in Italia quel successo che ci si aspettava.
Nel nostro paese questo prodotto riesce a conquistare il cuore degli italiani solo nel periodo di natale e capodanno dove si stappa il 60-70% delle bottiglie prodotte.
Eppure ci sarebbero molti motivi per apprezzare lo spumante a tavola! La struttura dello spumante non sovrasta il cibo anzi, lo esalta permettendo di apprezzare al meglio i piatti abbinati.
L’anidride carbonica delle bollicine e la bella acidità detergono le papille gustative e favoriscono il perfetto apprezzamento di ogni sapore.
Questo prodotto può accompagnare moltissimi piatti tra cui il pesce, ma anche i salumi come il prosciutto crudo e il culatello sono valorizzati dalla freschezza di un bicchiere di bollicine.
E i formaggi?
La struttura del metodo classico, si abbina alla perfezione anche con qualche scaglia di parmigiano reggiano o una fettina di camembert, solo per fare alcuni esempi. Infine un Demi-sec può chiudere il pasto servito accanto ad un dessert.
Il metodo Martinotti o Charmat
Sino alla fine del 1800, l’unico modo per produrre spumanti era il metodo della rifermentazione in bottiglia.
Per accelerare questo processo e ridurre i costi elevati, l’italiano Federico Martinotti, ebbe l’idea di realizzare il processo di spumantizzazione in un grande recipiente, simile ad un’autoclave, messa in pratica dall’ingegnere francese Eugène Charmat, che nel 1910 costruì e brevettò tale attrezzatura.
Il successo dell’impianto di Charmat fu talmente grande che questo metodo prese il suo nome, ma è opportuno riconoscere il giusto merito anche a chi ebbe per primo l’idea originale.
Veloce ed efficace, questo metodo permette di ottenere spumanti, dolci nella maggior parte dei casi, mantenendo i caratteri fruttati e aromatici delle uve impiegate.
Come nella preparazione delle cuvèe per il metodo classico, l’enologo assaggia i vini-base e stabilisce l’assemblaggio.
In genere la fermentazione è rapida, secondo la normativa UE il tempo tra l’inizio della fermentazione e la commercializzazione non può essere inferiore a 30 giorni per gli spumanti più correnti, mentre per quelli di qualità più alta il periodo non può essere inferiore a 80 giorni.
Il periodo tra la rifermentazione e la commercializzazione non deve essere inferiore a 6 mesi.
Quei produttori che vogliono ottenere uno spumante più ricco, allungano il periodo di permanenza sui lieviti ottenendo quello che viene chiamato Charmat lungo.
La tappatura degli spumanti Charmat di qualità viene realizzata con tappi di sughero simili a quelli del metodo classico, mentre per quelli di qualità inferiore si usano tappi di plastica.
Negli spumanti di qualità come l’Asti o alcune Malvasie, è assolutamente vietato aggiungere lo sciroppo di dosaggio.
Se si vuole produrre uno spumante dolce, si deve porre molta attenzione alla completa eliminazione di tutti i lieviti, per non andare incontro a spiacevoli rifermentazioni successive all’imbottigliamento finale.