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I vini toscani: storia dei vitigni e vini più famosi della regione

I vini toscani più famosi vantano una storia con radici molto profonde e molto antiche, le quali pervadono vini come il Chianti e il Brunello di Montalcino, ma che vedono protagonisti anche i vitigni come il Sangiovese, vitigno da cui derivano i vini sopracitati.

Un panorama incredibile, quello toscano. L’arte e la storia rappresentate dalle torri di San Gimignano e dalla cupola del Brunelleschi si uniscono alle colline verdi ed ai bianchi marmi di Carrara sino ad arrivare alla costa grossetana e i suoi pini marittimi.

San Gimignano

Un contesto capace di incantare milioni di visitatori, i quali durante l’anno si recano in questi posti meravigliosi, talvolta non solo di passaggio. Infatti qualche volta si sono fermati iniziando a produrre vino, prodotto che come in altri luoghi, contraddistingue la regione toscana. 

La storia del vino in Toscana 

Si narra che sin dal 500 a.C. in Toscana si producesse vino: furono quasi sicuramente gli etruschi, infatti, a portare la viticoltura nell’ex territorio dell’Etruria. Pratica che fu poi incentivata dallo sviluppo rurale in epoca romana.

Successivamente, intorno all’anno mille, la viticoltura iniziò a diffondersi grazie ad ordini monastici come quello dei Benedettini e dei Vallombrosani.

I monaci erano impegnati in piccole attività produttive come appunto la viticoltura, per rifornire le scorte dei vescovati, colpiti nel medioevo da forte povertà.

Il 1282 fu un anno di svolta per la produzione vinicola: fu fondata a Firenze l’Arte dei Vinattieri, società che amministrava il commercio del vino nella città e nel contado fiorentino.

Nel 1716 fu emanato il bando granducale di Cosimo III, determinando la protezione di quattro zone vinicole, che formano l’attuale Denominazione di Origine:

  • Chianti
  • Carmignano 
  • Pomino 
  • Valdarno superiore 

Nel XIX  secolo Bettino Ricasoli consacrò l’uvaggio (mescolamento di diverse uve, pronte per la vinificazione) chiantigiano, sancendo la notorietà del chianti nella regione. Al contempo venne confermata la supremazia del Sangiovese sul Canaiolo nero e la Malvasia. 

Nonostante il forte appoggio del Barone di Ferro (Bettino Ricasoli), in vigna si continuò la sperimentazione cercando di adattare i vitigni francesi al suolo toscano, un esempio ne sono i vigneti di Vittorio Albizi a Pomino.

O ancora, il tentativo di trovare un particolare tipo di Sangiovese dando vita a uno dei vini più rappresentativi della regione, il Brunello di Montalcino, per mano di Ferruccio Biondi Santi. 

Montalcino

Nel 1963, con la legge sulla tutela delle denominazioni di origine, i vini toscani cominciarono a ricevere i primi “riconoscimenti”

La Vernaccia di San Gimignano, è stato il primo vino italiano a ricevere il marchio DOC (denominazione di origine controllata), mentre nel 1980 il Brunello di Montalcino e il Vino Nobile di Montepulciano sono stati i primi a ricevere la DOCG (denominazione di origine controllata e garantita). 

Negli anni ’80 ebbe luogo una rivoluzione del sistema vinicolo toscano: si iniziò ad utilizzare impianti migliori per la produzione di vini, di qualità superiore, nuove tecniche di ricerca e si diffuse la “barrique” (piccola botte in legno con capienza di 225-228 l).

In aggiunta, venne realizzato un miglioramento del Sangiovese e dell’uso dei vitigni di altre regioni, per creare nuovi blend (il blending prevede la miscela con altri vini, ed è definito taglio).

Venne così data importanza a territori riscoperti, o di nuova vocazione vitivinicola, come ad esempio la costa tirrenica, che fino a quel momento non era mai stata sfruttata a scopo vinicolo. 

Borgo toscano

Tutto questo portò alla creazione dei vini Supertuscan che ottennero, e tuttora ottengono, grande successo a livello internazionale. 

Le particolarità del territorio e del clima 

Il territorio toscano si estende principalmente su morbide colline che coprono il 67% della regione stessa, anche se presenta molte sfaccettature dal punto di vista climatico e del terreno. 

Il clima è solitamente mite sulla costa, contraddistinto da estati calde e secche, mitigate dai venti provenienti dal mare e da inverni non troppo rigidi, solitamente piovosi. 

Una situazione diversa invece caratterizza il centro della regione: nella parte collinare infatti, è tipico un clima più continentale, con estati asciutte che provocano non poche difficoltà idriche per le coltivazioni. Durante le altre stagioni, il clima è mediamente freddo e discretamente piovoso

Una caratteristica tipica di questa regione è il terreno calcareo-argilloso, presente soprattutto nelle colline del Chianti, di Montalcino, di Montepulciano, della Lucchesi e della Maremma. Questo terreno dona ai vini, e al Sangiovese in particolare, una buona struttura, con acidità e sapidità ben bilanciate.

Inoltre, nelle aree del Chianti sono presenti l’Alberese, un calcare bianco molto compatto, e il Galestro, una roccia lamellare e argillosa, i quali conferiscono la longevità e l’eleganza caratteristiche di questo vino.

Sulla costa i terreni sono più ricchi di argilla e sabbia, oltre che di molti minerali, che conferiscono una intensa sapidità ai vini, in special modo quelli ottenuti dal Vermentino. 

Anche il sud della Toscana e la Maremma sono aree caratterizzate da suoli calcareo-argillosi capaci di esaltare la morbidezza e l’alcolicità dei vini; al contrario, nell’entroterra grossetano, dove si trovano terreni di origine vulcanica, si riscontreranno nei vini forte intensità cromatica e struttura. 

I vitigni e i vini più famosi 

I vigneti toscani si espandono per 57.861 ettari, situati maggiormente nelle zone collinari. Li domina la produzione di uva a bacca nera (85%), con con la coltivazione egemone del Sangiovese.

Nel 2013 in Toscana sono stati prodotti circa 2.657.000 ettolitri di vino di cui il 69% contrassegnato come DOP e il 25% come IGP.

I sistemi di coltivazione della vite più utilizzati sono “l’archetto toscano”, il Guyot semplice e multiplo, utilizzati nell’area chiantigiana. Nella famosa area del Montalcino, sono utilizzati invece il “capovolto” ed il “cordone speronato”.

Il Sangiovese 

Come abbiamo già visto, il Sangiovese è il vitigno toscano per eccellenza, il più utilizzato e uno dei più apprezzati, non solo perché occupa la maggior parte dei terreni vinicoli (circa il 65%), ma anche perché è la base della maggior parte dei grandi vini rossi della regione, come ad esempio:

  • il Chianti
  • il Brunello di Montalcino
  • il vino nobile di Montepulciano
  • il Morellino di Scansano 

Questo vitigno matura in un periodo compreso tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre, predilige i terreni calcareo-argillosi, oltre a richiedere terreni ricchi di nutrienti.

Per altro, l’adattabilità di questo vitigno a questi ultimi e a diversi stili produttivi lo rendono molto versatile

Infatti, il vino che ne deriva, non è sempre purissimo e rivela talvolta tratti troppo ruvidi, richiedendo tagli con vitigni tradizionali come il Canaiolo nero, Malvasia nera o Colorino, o con vitigni internazionali ad esempio il Cabernet Sauvignon e il Merlot. 

Durante il XIX secolo, la classificazione ampelografica (ampelos=vite, identifica la varietà dei vitigni) riconosceva solo due biotipi: il Sangiovese Grosso (o dolce, gentile), e il Sangiovese piccolo (o forte), in antitesi soltanto per la dimensione dell’acino. 

Oggi la classificazione si è ampliata contando cinque biotipi principali:

  • Sangiovese piccolo 
  • Sangiovese Grosso o Brunello 
  • Prugnolo Gentile 
  • Sangiovese romagnolo a cannello lungo 
  • Sangiovese del grossetano (detto anche Morellino) 

La grande forza del Sangiovese è da ricercare nella sua spiccata acidità che, da una parte offre la garanzia di longevità, e dall’altra una grande versatilità nella creazione di diversi abbinamenti. 

Le combinazioni di componenti acide e tanniche, hanno dato vita a versioni del Sangiovese quali:

  • il Brunello di Montalcino e il Vino Nobile di Montepulciano, definiti anche “eleganti”.
  • il Morellino di Scansano, o in alcuni casi i vini più semplici e “freschi” che si bevono quotidianamente. 

Il Sangiovese dà spesso vini di colore rosso rubino, con profumi che ricordano la viola, la marasca e i frutti rossi, a volte con aromi che evocano l’odore del cuoio e della terra in un mix sensoriale sinestesico, oppure con sentori di tabacco, solitamente conferiti dall’invecchiamento del vino. 

Nonostamnte sia il vitigno più diffuso in Toscana, non è l’unico: molto importanti sono i suoi complementari storici, fondamentali negli uvaggi (mescolanze di uve diverse) come il Canaiolo Nero, la Malvasia nera e il Mammolo, utilizzati per smorzare la natura un po’ “dirompente” del Sangiovese. 

Occorre infine menzionare che, recenti studi hanno messo in dubbio l’ipotesi della provenienza toscana di questo tipo di uva, affermando che potrebbe derivare da un incrocio tra il Ciliegiolo ed il Calabrese Montenuovo, un vitigno quasi del tutto scomparso di origini puramente meridionali. 

Le zone vitivinicole 

In Toscana, le zone dedicate alla produzione del vino si possono dividere in due macro aree: le Colline della Toscana Centrale e la Toscana della Costa Tirrenica

La prima è il cuore storico della regione caratterizzata dal dominio delle uve di Sangiovese, che comprende l’area del Chianti Classico, Montepulciano, Brunello di Montalcino, e il territorio dell’aretino. 

Montepulciano

La seconda vede il coesistere di diverse aree e vini storici in cui sono comprese le zone dei Colli Apuani, di quelli lucchesi, dell’Elba e della Maremma, oltre alle aree di recente affermazione vinicola, di Livorno e Pisa.

Il Chianti 

Il nome è stato utilizzato per la prima volta nel 1938 da Francesco di Marco Datini, commerciante pratese inventore della cambiale. 

Dopo molti avvenimenti storici, nasce nel 1924 il consorzio per il vino tipico del Chianti. Nel 1932, sono state disposte le sei sottozone che ne avrebbero fatto parte, poi divenute sette nel 1996

Nel 1963 è stata riconosciuta con un decreto legge, la Denominazione di Origine Controllata, mentre nel 1984 la Denominazione di Origine Controllata Garantita

La produzione del Chianti (fatto almeno dal 70% di Sangiovese) è di oltre 700.000 ettolitri, mentre per il Chianti Classico (80% di Sangiovese) è di circa 250.000 ettolitri.

L’80% dell’intera produzione è esportato soprattutto negli Stati Uniti (28%), in Germania (12%), in Canada, nel Regno Unito e in Svizzera. 

La disciplinare di produzione del chianti prevede un uso minimo di Sangiovese del 70% che può essere completato solo da vitigni complementari autoctoni, in minima parte anche uve a bacca bianca. 

La fortuna a livello commerciale del Chianti, aumentò esponenzialmente dalla metà dell’800, grazie all’invenzione del fiasco in vetro pesante, di Laborel Melini, che portò all’identificazione di questo vino, con questa particolare bottiglia

La produzione del chianti si estende su un territorio vasto che comprende molte province tra le quali: Firenze, Siena, Arezzo, Pisa, Prato e Pistoia che presentano terreni anche molto diversi tra loro, influenzando la resa dei vini delle varie sottozone. 

Il Chianti classico 

Il Chianti classico è rappresentato dal famoso gallo nero. La sua origine proviene da una leggenda che narra di una sfida tra un cavaliere fiorentino ed uno senese, che si contendevano il confine tra le due repubbliche, il quale sarebbe stato fissato nel punto dove i due cavalieri si fossero incontrati, partendo dalla propria città al cantare del gallo. 

I senesi scelsero un gallo bianco, mentre i fiorentini uno nero che lasciarono a digiuno i giorni prima dell’evento. 

Il gallo nero, stremato dalla fame, cominciò a cantare prima del sorgere del sole ed il cavaliere fiorentino partì in netto vantaggio rispetto a quello senese.

I due cavalieri si incontrarono a soli 12 chilometri dalle mura di Siena dando la possibilità di annettere tutto il territorio del Chianti alla Repubblica Fiorentina, che scelse come simbolo proprio il gallo nero. 

Dal 1996, il Chianti Classico si è differenziato definitivamente dal Chianti, attuando una vera e propria rivoluzione.La disciplinare contemplava un’abbassamento della resa per ettaro e definiva l’esclusione totale delle uve a bacca bianca.

Ad oggi, il disciplinare vuole una percentuale minima dell’80% di Sangiovese e le uve complementari possono essere vitigni autoctoni come il Canaiolo, il Colorino e la Malvasia Nera oppure vitigni internazionali come il Cabernet Sauvignon o il Merlot. 

L’invecchiamento minimo richiesto varia da quattro mesi ad un anno, che si amplia a due anni per i vini Riserva. 

Grazie a questa rivoluzione, sono nati tre stili di produzione differenti all’interno del Chianti Classico:

  • stile tradizionalista 
  • stile innovatore 
  • stile internazionalista 

I primi sostengono l’uvaggio di vitigni autoctoni e l’uso di botti grandi, i secondi sempre l’uso di vitigni toscani, ma la maturazione del vino in botti di medie e piccole dimensioni, infine i terzi l’impiego di uve internazionali e l’utilizzo delle barrique

Il territorio del Chianti Classico è formato da nove comuni compresi tra Firenze e Siena, da 6800 ettari di vigneti immersi in paesaggi amatissimi, e da borghi dove le fortezze ed i castelli si sono trasformati nel tempo in cantine gestite da abili contadini. 

Il Brunello di Montalcino 

Il territorio dove viene prodotto il Brunello di Montalcino ha una forma quasi circolare, con un diametro di circa 16 chilometri.

La zona di Montalcino presenta aree con terreni ricchi di calcare, scisti, galestro e alberese. Il clima è mediterraneo e la zona ha la fortuna di essere protetta dal Monte Amiata, che si trova lì vicino. 

Il vitigno è il Sangiovese, chiamato Brunello per sottolineare il colore molto scuro degli acini rispetto agli altri biotipi di Sangiovese.

Il Brunello di Montalcino ha un legame strettissimo con la famiglia Biondi Santi: Ferruccio Biondi Santi ha ereditato la passione per il vino dal nonno, che già nella seconda metà dell’800 stabilì standard produttivi molto alti, con grandi novità che riguardavano la produzione del vino solo dal Sangiovese e con rese limitate. 

L’annata scelta per la nascita di questo vino è stato il 1888. Da allora ha iniziato ad assumere una fama ed un’importanza crescenti. 

Nel 1966 è stato conferito il riconoscimento DOC, che ha spinto molti produttori a sfruttare l’immagine del Brunello, coltivando molti vigneti e migliorando la qualità produttiva, estendendo il terreno per la produzione da 76 ettari nel 1967 agli attuali 2100 ettari

Nel 1980 è stato conferito anche il riconoscimento DOCG. 

Oggi questo è un vino puramente Sangiovese e prende il nome Brunello di Montalcino perché deve riposare in cantina almeno 50 mesi, di cui almeno 24 in botte. Per il vino Riserva, l’affinamento dev’essere protratto di almeno un anno.

La collina sulla quale si estende Montalcino è caratteristica per la sua fortezza medievale da cui si possono individuare quattro versanti che identificano diverse zone produttive. 

Il versante settentrionale è quello delle crete di Montosoli, contraddistinto da un clima continentale con maggiori escursioni termiche, qui il Brunello è robusto e profumato, dotato di una buona sapidità e freschezza

Il versante occidentale, rivolto verso il mare, gode di  un clima caldo ma ventilato dalle brezze marine. Questo garantisce costanza durante la maturazione. Qui si otterrà un vino più minerale e serbevole (che si conserva bene e a lungo. 

Il versante orientale, quello più freddo con la maturazione delle uve più lenta e tardiva, ci regala un vino fresco, strutturato e longevo. 

Per ultimo il versante meridionale, esposto verso la Val d’Orcia, collocato in una conca riparata dal vento, presenta temperature più alte e maturazioni anticipate. Qui si ottengono vini con una spiccata componente alcolica

Nel corso degli ultimi anni si sono sviluppati diversi stili produttivi, se si sceglie il riposo in botte grande il vino riposerà fino a tre anni, se si usa la barrique fino a due. 

Il Brunello più tradizionale si presenta con intense sfumature di granato e profumi di terra e cuoio. L’assaggio più grintoso è dovuto ad una spiccata acidità ed ai tannini che giocano un ruolo molto importante.

Il Brunello più moderno ha un colore rosso rubino, con profumi intensi che ricordano le confetture di frutta e le spezie dolci. 

A Montalcino, si concentra un’alta attività produttiva con una schiera di 250 produttori. Le bottiglie commercializzate ogni anno si aggirano intorno alle 6.500.000, di cui il 60% è destinato al mercato internazionale, in particolare USA (25%), Germania (9%) e Svizzera (7%). 

In questo articolo abbiamo trattato solo dei luoghi e dei vitigni più famosi, ma non bisogna dimenticare le altre splendide località ed i prodotti che contraddistinguono il vino toscano in Italia.

Si parte dalle colline fiorentine e pratesi, fino a quelle aretine, alla costa livornese e pisana, alla maremma, al grossetano, e alle colline senesi che danno vita alla Vernaccia di San Gimignano, il vino Nobile di Montepulciano, i Supertuscan… insomma, anche la Toscana è una regione in cui il vino è storia, tradizione, innovazione e amore. 

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